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Parrocchia SS. Trinità
Andria
PROGRAMMA PASTORALE PARROCCHIALE
2016 – 17
La lettera del nostro vescovo “Per una chiesa in uscita sulle orme di Papa Francesco”, è stata oggetto di riflessione e di confronto all’interno del Consiglio Pastorale Parrocchiale, in cui sono emerse alcune indicazioni pastorali per una comunità parrocchiale, chiamata ad assumere stile e scelte di vita ritmate da un cuore e disponibile a farsi prossimo a tutte le ore.
In continuazione con l’anno della misericordia, appena concluso, vogliamo costruire una Chiesa che sia sempre più casa (la “locanda” nella parabola del buon Samaritano . cf Lc 10) per tutti, dove le ferite non vengono processate ma consolate, curate, magari anche sanate.
Durante l’anno pastorale 2016/2017, ci lasceremo guidare dall’icona del profeta Giona e da tre verbi quali “vedere, entrare, uscire” che vogliono farci da guida nella crescita umana e spirituale.
Giona è un personaggio carico di passato, di tradizione, un “geometra” della dottrina, delle certezze, con un ponderato buon senso, che deve fare i conti con un Dio colto fuori delle righe, mentre sta tessendo uno sconcertante futuro: un Dio “in uscita”, appunto.
“Fu rivolta a Giona una seconda volta questa parola del Signore: «Alzati, va' a Ninive la grande città e annunzia loro quanto ti dirò». Giona si alzò e andò a Ninive secondo la parola del Signore. Ninive era una città molto grande, di tre giornate di cammino. Giona cominciò a percorrere la città, per un giorno di cammino e predicava” (Giona 3,1-
Questo verbo interessa innanzitutto la sfera personale e quindi la responsabilità di ognuno a lavorare su se stesso umanamente e spiritualmente per costruire relazioni autentiche. Tutto parte dalla persona: se ognuno è trasparente, anche la comunità lo è.
Bisogna imparare
ad essere trasparenti (come vetri) sia come singole persone che come comunità.
ad ascoltare gli altri, essere loro attenti e non frenetici, saper leggere le persone e le loro situazioni di vita.
Occorre
crescere accettandosi reciprocamente con un atteggiamento non giudicante;
accogliere la correzione fraterna, considerandola possibilità di crescita umana e spirituale;
prendersi cura dell’altro: ognuno dovrebbe sentirsi accolto per ciò che è. Vanno rimosse alcune “etichette” come praticanti e non praticanti, vicini e lontani, primi e ultimi arrivati.
Va superato il gap generazionale tra le varie fasce di età, tra i vari gruppi. Non si tratta di fare cose insieme, ma di curare le piccole cose (come il salutarsi con affetto quando ci si incontra negli stessi ambienti parrocchiali, il sorridersi…).
Chi abita la comunità da più tempo non deve credere di avere la verità in mano: tutti devono avere la possibilità di fare qualcosa.
Lo stile educativo dei gruppi deve essere inclusivo, quindi di apertura verso chiunque. I cammini formativi devono educare alla disponibilità interiore a qualunque servizio. C’è da chiedersi continuamente: che attrazione ha la vita del nostro gruppo verso gli altri? La comunità sa trasmettere la gioia di appartenere a Cristo e di seguire il suo Vangelo? Che forza di attrazione ha verso il mondo esterno?
Nella vita quotidiana, poi, va valorizzata la relazione fraterna, mai data per scontata. Tutto questo è possibile mettendo al centro Dio e non se stessi. La vita di fede va vissuta come servizio e non come qualcosa di soddisfazione spirituale personale.
ENTRARE
La comunità deve farsi sempre maggior carico -
Il verbo entrare spinge a superare quegli schemi mentali dovuti alla formazione e alle esperienze individuali e a vivere un’ ecclesialità autenticamente accogliente. L’unica divisa che deve contraddistinguere il cristiano è la veste battesimale.
La riscoperta della propria veste battesimale e dell’impegno evangelico passa per la conoscenza dei documenti della Chiesa e delle Scritture: solo ciò consente a ciascuno di capire qual è il senso e la portata del dono ricevuto con il battesimo.
Da qui la necessità di proseguire il cammino formativo proposto sempre all’intera comunità parrocchiale sull’approfondimento di alcuni testi del Magistero e, nello specifico, per quest’anno, la lettura ed il commento del II cap. dell’ Evangelii Gaudium (nn. 52-
Fondamentale è la formazione dei laici per poter “dare ragione della speranza” che è in ciascuno e far fronte alle provocazioni del “mondo”, restituendo ad esso la proposta evangelica coinvolgente e gioiosa.
In questo giocano un ruolo essenziale la testimonianza di fede della propria vita, l’esempio e la correzione fraterna.
Gli elementi che possono favorire l’accoglienza sono:
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Al contrario gli elementi che possono ostacolare l’accoglienza
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La presenza nella chiesa di varie forme associative laicali (congreghe, associazioni, movimenti, ecc.), come pure in ambito parrocchiale dei vari gruppi, alle volte sembra frammentare l’unitarietà di un cammino comunitario, limitato, alcune volte, alle sole iniziative “istituzionali”; sarebbe auspicabile il moltiplicarsi di momenti di condivisione dei percorsi e delle esperienze dei singoli gruppi, come pure di momenti di aggregazione.
Questo verbo vuole educare tutti ad assumere la misericordia come stile di vita comunitaria.
Non si tratta di “inventare” nuove iniziative o di aggiungere altre cose da fare, ma migliorarne già quelle in essere.
L’atteggiamento dell’uscire potrebbe portarci a
riqualificare la Caritas parrocchiale perché aiuti l’intera comunità ad essere più attenta e sensibile verso le varie necessità che si presentano. Per una lettura più attenta ed oggettiva delle realtà esistenziali nel territorio parrocchiale, va intensificato il ‘servizio di ascolto’, sarebbe opportuno aiutare i catechisti e gli educatori ad avere un atteggiamento vigilante verso i bambini e/o ragazzi loro affidati: questi ultimi sono ponti con le famiglie di appartenenza e quindi ulteriori campi di ascolto e di apostolato. E’ importante la sinergia tra catechismo – famiglia – scuola: occorre migliorare l’interazione con i genitori dei ragazzi, anche attraverso incontri formativi su tematiche riguardanti il ruolo educativo di genitori nel cammino formativo e spirituale dei propri figli;
valorizzare la realtà dell’Oratorio, come luogo di aggregazione, di crescita umana e spirituale, attraverso un servizio stabile a favore dei bambini, ragazzi, giovani e famiglie;
curare maggiormente il doposcuola; il servizio degli indumenti per gli indigenti; il servizio agli ammalati con l’affiancamento ai ministri straordinari dell’Eucaristia;
prenderci maggiore cura del gruppo di famiglie giovani
essere operatori presenti e qualificati presso la RSA (ex-
curare maggiormente i cenacoli di preghiera nelle famiglie soprattutto nel mese di maggio;
incoraggiare la catechesi pre-
Uscire significa anche essere attenti alle varie forme di disabilità presenti nel nostro territorio. La comunità conosce queste realtà (persone e famiglie)? Come prendono parte alla catechesi o come possono essere accompagnati in questo percorso?
Significativa è stata l’iniziativa realizzate dai ragazzi dell’A.C.R.: la visita alla CASA-
Occorre maturare una “forte passione evangelizzatrice”.
Circa l’Oratorio è interessante richiamare ciò che Papa Francesco ha detto ai Vescovi polacchi il 27 luglio 2016: “Noi vescovi dobbiamo domandare questo ai preti: come va la tua parrocchia? E tu esci? Visiti i carcerati, gli ammalati, le vecchiette? E con i bambini cosa fai? Come li fai giocare e come porti avanti l’oratorio? E’ una delle grandi istituzioni parrocchiali, almeno in Italia. L’oratorio: lì i ragazzi giocano e si dà loro una parola, un po’ di catechesi. Tornano a casa stanchi, contenti e con un seme buono. La parrocchia è importante!”
Don Peppino
Parroco